Momenti del Podcast

00:04 Introduzione

Lora racconta la Casa dei Mandorli parte I


“La mia casa è così in alto che sento tossire il Signore”, diceva Tonino Guerra della sua casa a Pennabilli.
C’è ironia in queste parole. C’è la tosse del signore, non la sua presenza. C’è la tosse, ed è già molto.

La casa di Pennabilli è piena di ricordi e respiri del passato e presente. E’ formata da 2 case.
La prima casa l’abbiamo comprata quando io ho compiuto 50 anni e Tonino mi ha chiesto: “Cosa compriamo, una mansarda a Parigi o una casa di campagna?” E io ho risposto: “Una casa di campagna”, perché conquistare Parigi a 50 anni mi pareva già troppo tardi.

Gianni Giannini ha giocato un ruolo principale, per portare Tonino a Pennabilli, ricordandogli le cose che lui ha passato qui nella sua infanzia.
I genitori di Tonino erano contadini e sabato e domenica venivano al mercato a Pennabilli a vendere pesce, frutta e quello che la madre riusciva a friggere, riportando a Santarcangelo la legna. Un aneddoto bellissimo: la mamma di Tonino era analfabeta e, per segnare e ricordare i debiti dei clienti, faceva un tondo se qualcuno “in carne” non pagava e invece i magri li segnava con una linea.

Tonino diceva “Per me da piccolo Pennabilli era come l’Himalaya, e raggiungerlo era come viaggiare verso l’Himalaya”. Il poeta, insieme ai genitori, faceva il viaggio di notte, prima con i carri, e il piccolo Tonino seguiva a piedi. Quando a volte si addormentava, il padre tirava fuori dal gilet un pezzo di formaggio di fossa e lo faceva annusare al figlio per svegliarlo. Inoltre tutte le estati portavano Tonino a Pennabilli dal prete, perché aveva i polmoni indeboliti e si credeva che l’aria di montagna curasse questi polmoni.
Questi i ricordi di infanzia, che Tonino, diceva, già diventavano in bianco e nero, cioè nella memoria perdevano i colori ma non il loro calore.
Ecco. Quando ci siamo trasferiti in questa casa eravamo già tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90. Era una piccola casa e poi abbiamo ricostruito l’altra parte con l’aiuto degli ingegneri Celio Francioni e Valerio Brizi.